mercoledì 26 ottobre 2016

A new life

Passati quasi due mesi dalla mia partenza posso cominciare seriamente a pensare di star effettivamente costruendo una parte di vita qui in Inghilterra.

Il processo di consapevolezza passa attraverso la ripetizione piccole azioni quotidiane, stili di pensiero, organizzazione delle attività... le quali mirano a ricercare quale sia il mio ruolo all'interno di questa società. 

Lasciando da parte i paroloni, ripensando a questi due mesi mi rivedo in 3 piccoli ma significativi cambiamenti:

1. Le distanze
I primi giorni vedevo la città come una metropoli; sapevo che non era grande, ma non so come mi perdevo sempre e mi sembrava di aver toccato posti che si trovavano da un capo all'altro della città.
L'altro giorno, alla ricerca di una farmacia, io e Nastia ci siamo ritrovate nella caffetteria in cui abbiamo mangiato il primo giorno che siamo arrivate a Bath. Quel giorno abbiamo camminato tantissimo e ci sembrava di essere arrivate lontanissimo, dall'altro capo della città. La caffetteria si trova a 5 minuti dall'appartamento, in pieno centro.

2. Emozionarsi
Bath è una città bellissima, e camminando lungo la sponda del fiume o tra le strette vie della "città vecchia" sembra di vivere in un sogno. Ciò che ho provato è un senso di benessere interiore, di felicità. 
Non avevo ancora trovato la SALSA DI POMODORO IN BARATTOLO DI VETRO.
Ecco, quella è stata l'emozione più grande: girare per gli scaffali con lo sconforto di non trovare una salsa di pomodoro che fosse solo pomodoro, senza tutte quelle erbe, piccante, verdure, carne ecc, e poi eccola là, dopo un mese e mezzo di ricerche, la salsa di pomodoro in barattolo di vetro!!

3. Il bus
Abituata forse fin troppo bene al servizio della Trieste Trasporti con bus ogni 5 minuti, le prime volte organizzavo i miei viaggi in bus per andare al lavoro, guardando gli orari del bus dal timetable e calcolando di prendere quello che mi portava al lavoro in tempo. Come è normale fare.
Dopo due settimane ho capito che qualsiasi bus decida di prendere, a qualsiasi orario, quello arriverà sempre in anticipo o in ritardo, e se il ritardo è di 15 minuti è sicuro che non passerà perchè vuol dire che era tanto in anticipo. Ciò crea non poca confusione.
Dopo un mese ho deciso di farmi trovare alla fermata del bus 20 minuti prima del passaggio (i bus sono ogni 30 minuti, quindi in questa maniera il massimo che posso dover aspettare sono 20 minuti).
Dopo un mese e mezzo calcolo di prendere il bus precedente a quello che mi porterebbe in tempo al lavoro, in modo che se non passa posso andare a piedi (e farmi 20 minuti in salita) e arrivare comunque in tempo.
E nel frattempo che aspetto discuto con le dolci English old ladies riguardo lo splendido servizio dei bus inglesi.
Ce ne sono tante altre ma e le lascio scoprire nei prossimi post ;)

Anna

Una delle strade del centro di Bath 
                                                                                   Gli orari del bus
Io e il barattolo di salsa
                                                                                            




venerdì 7 ottobre 2016

Multicultural Exchange in London


Partecipare ad un'esperienza di Volontariato Europeo vuol dire anche dover partecipare a dei Training. 
A fine settembre io, Marta e Nastia abbiamo partecipato in quello che viene chiamato On Arrival Training, perchè viene organizzato all'arrivo dei volontari nel paese di accoglienza.
Inizialmente avremmo dovuto partecipare al training organizzato a Cardiff, ma per spostamenti di data siamo state inserite nel training di Londra. Non ci è andata male eh.
Siamo partite quindi super eccitate alla volta della Capitale, senza ovviamente tener conto delle 3 ore e mezza di pullman...
Arrivate a Victoria Station (a Londra), ci siamo rese conto di essere in pieno centro di Londra, ad appena 10 minuti da Buckingham Palace. Stupendo! Abbiamo quindi deciso di non prendere l' Underground  ma di arrivare a piedi alla meta del nostro appuntamento.
Nastia è riuscita a vedere il cambio della guardia di Buckingham Palace nel giro di 10 minuti del suo primo viaggio a Londra (bella fortuna), mentre io e Marta ci siamo prese un bel Hot Dog  londinese a Trafalgar Square. In compenso mal di schiena e la promessa di non azzardarci mai più a spostarci a piedi a Londra.
L'ostello dove eravamo ospitati (noi e altri 23 volontari) era bellissimo e situato in un quartiere centrale (a 10 minuti da Kings Cross) ma tipico londinese: nessun turista a parte noi nelle strade!
Il training è stato sviluppato in tre giornate, durante le quali abbiamo avuto occasione di presentare agli altri volontari il progetto nel quale stiamo lavorando e i main aims dell'associazione che se ne occupa; ci siamo presentati e abbiamo presentato i nostri paesi (di 26 volontari, 10 erano tedeschi); abbiamo parlato di cultura, di rights and responsibilities, di stereotipi e di quanto possano essere sbagliati; ci siamo confrontati, ci siamo ascoltati, ci siamo chiesti cosa effettivamente significhi fare volontariato.
Per chi è Scout e sta leggendo: in definitiva è stato come partecipare ad un campetto scout il cui tema è la multiculturalità e la conoscenza dell'altro, straniero e non.
Una delle cose che mi sono rimaste impresse di questi tre giorni è l'attenzione al comportamento da adottare nel Paese che ci ospita, perchè è giusto mantenere la propria cultura e le proprie tradizioni, ma il vero viaggiatore possiede an open mind  e sa adeguarsi, senza per questo sentirsi offeso e sminuito.

Non che sia facile, e l'abituarsi ad una cultura per certi aspetti totalmente differente non è di certo cosa da un giorno all'altro.

Il primo "scontro" l'ho avuto l'ultimo giorno del training: era il momento dei saluti tra noi tre ragazze di Bath e altri due (tedeschi premetto) che stanno a Bristol. Dopo aver passato tre giorni insieme anche agli altri ragazzi, più due ore solo noi cinque (i pullman partivano dalla stessa stazione alla stessa ora) durante le quali abbiamo parlato e scherzato, io ci consideravo già amiconi e normalmente uno quando saluta gli amici li abbraccia e ci si scambia due baci sulle guance. Non per i tedeschi: è stato come abbracciare una statua di ghiaccio! A quel punto la tensione era palpabile. Per fortuna dalla mia ho Marta (spagnola ricordo) che è scoppiata a ridere e da li siamo riuscite a sciogliere i due uomini di ghiaccio.
Ci siamo rivisti altre volte dopo quell'episodio (Bath dista da Bristol 10 minuti di treno), ma ora ogni volta chiediamo loro il permesso prima di azzardarci a toccarli.

Il secondo riguarda la cultura inglese.
Si sa che gli inglesi amano fare la fila, per loro è The British art of queuing.
Si sa che noi italiani non amiamo fare la fila: The Italian art of messing up.
Ebbene, ogni mattina faccio colazione nell'ostello dove abbiamo l'appartamento, il quale offre toast e cereali. Per quanto riguarda i toast ciò che io, e tutti gli altri stranieri ospiti, è mettere i miei toast nel tostapane quando è libero e ogni tanto tornare a controllarli per non bruciarli; se ci sono altri toast dentro infilo comunque i miei nello spazio libero. Questo è ciò che accade normalmente ogni mattina.
Un giorno ero seduta tranquilla ad aspettare i miei toast (stranamente quella mattina poca gente a colazione) e mi si avvicina un uomo con aria interrogativa:
"Sorry Lady, in which way is the queue?"
Immaginate la mia faccia. Dall'altro della mia italianità rispondo "Which queue? There's no queue!"
L'uomo mi ha ringraziata alquanto interdetto e ha comunque aspettato che qualcuno andasse a tostare il suo pane per potersi mettere dietro e fare la fila.
Sorrideva.

Ultimo episodio è stato ieri mattina: stavo correndo per prendere il treno in stazione e ad un certo punto, dall'altro lato della strada, scorgo un gran ammasso di gente. Mi chiedo se stesse succedendo qualcosa che potesse spiegare tutta quella gente ferma sul bordo della strada. Mi avvicino, guardo meglio e mi rendo conto essere una fila ordinata di persone che semplicemente stanno aspettando l'autobus.

Amo l'Inghilterra.

Anna
    Marta e uno scoiattolo in Regent's Park